Ti incrocio nei ricordi, e dei pensieri ormai ultimi ti faccio compagno.
Eccomi.
Ce l’ ho fatta a salire il tratto alto del sentiero, a piedi. Mi ha aiutata questo bastone, e la feroce tenacia che testimoniano i miei anni. La mia auto è sotto, accanto alla cascina. Quel casolare sulla curva, dove finisce la piana. Ha muri scrostati, e scuri slavati da nebbie e piogge. Dal suo cortile un tempo partiva l’abbaiare di un cane, ricordi? Ne sentivamo l’eco. Ribadiva che eravamo isolati, clandestini, e soli.
Ci sei? Ricordi questa altura? Incuneata ai piedi del fianco gobbo della collina, sembra l’avvio di un’onda, nascosta al paese dal verde delle vigne.
Io arrivavo per prima, risalendo il sentiero sul crinale, in ore deserte. Tu salivi dalla valle bassa, arrampicandoti per il bosco. Io con sandali dai tacchi sbagliati, tu con scarpe sfinite e chiuse da lacci lisi.
Ti aspettavo qui, fiera. Sedevo all’ombra di una grande pianta su questo punto, ora pietroso. Appoggiata al tronco, guardavo il fitto del bosco che un tempo c’era, e ora non più. Indossavo sempre un vestito leggero, e sottile, e rosso, così sapevo mi avresti scorta da lontano.
Ti indovinavo salire sotto il verde compatto degli alberi, il tuo passo e i tuoi gesti accompagnati da rumore di rami e foglie.
Sbucavi accaldato, con le maniche della camicia arrotolate sopra i gomiti, con una mano allontanavi dal viso un insetto, spesso un’ape.
Mi cercavi con gli occhi, e sorridevi, buono.
Non volevi parole, ma non chiedevi silenzio.
Ricordo odore di vigna, e di fieno, e di legno.
E poi ci lasciavamo, senza commenti, senza promesse, per tornare ai modi nostri. Io, altera, alla mia vita su tacchi alti, tu a inseguire, ruvido, un posto inevitabile e distante, precluso a me.
Sei partito all’improvviso, negando spiegazioni e commenti. Avevi rintracciato una strada per te, e l’ hai scelta, aspro e silenzioso.
Guardami. La mia pelle solcata dagli anni tu non l’ hai mai vista. Lei è il tempo che non abbiamo avuto. Il tempo che tu non hai voluto più, e che ha fatto il lavoro suo. Ha attutito, alleviato, ricomposto. E ha lasciato intatto quello che cristallino era, e rimane.
Adesso riscenderò il sentiero, tornerò a una pianura ampia e lontana.
Ma lì chiuderò gli occhi, per immaginare ancora una valle breve, e aspettare. Ci sarà il tronco ruvido di una pianta con una chioma enorme, e un abito leggero e rosso, per me, e un bosco in salita, da cui sentirti arrivare.
Elena G.
8 commenti:
Punto.
Isa Dex.
ah ah ah
elena g.
@isa:
in effetti molto altro non rimane da dire. pare che toglie la pelle dal viso no?
@elena:
sei brava sei! cavolo! :)
@elena: così brava che mi dai quasi fastidio.
E' uno di quei post che mi fan passare la voglia di scrivere.
ovviamente perchè penso che per quanto mi sforzi non sarei in grado di scrivere così bene..
meglio puntualizzare, che magari pensi che mi fa passar la voglia di scrivere perchè mi fa schifo!
Bill lee
@bill lee: mi hai detto cose così carine, come potrei pensare che ti fa schifo. Comunque, grazie di cuore. Ospite di Sid, non metto qui le mie righe per avere elogi e complimenti, ma per un confronto. Quindi, credimi, ogni critica puntuale va bene.
elena g.
@bill lee:
ahahahah! mi ha fatto ridere il tuo commento e comunque anch'io la penso come te.
ogni volta che la leggo mi rendo conto della mia penosità :)
@elena:
adesso mi invento qualcosa per criticarti molterrimissimo! :)
io sta roba qui me l'ero persa. cioè uno nella vita si distrae un attimo e paffete ti perdi delle cose che invece valeva la pena di.
Che poi, non so, dev'essere per lo spiffero di quella finestra che sta lì se io ho sentito un brividello al collo.
Qualche volta mi capita con delle canzoni, molto molto raramente con quel che leggo.
Dove scrive altre cose Elena G. eh eh?
Posta un commento