una persona che mi è (tanto) cara sta malissimo. e mentre sta male mi chiede aiuto. a me. che generalmente, nel dolore, non solo affogo ma affogo annaspando. io l'unica cosa sensata (e banale) che mi viene da dire è che sembra incredibile ma queste cose passano. ho un metro di misura "mio" molto preciso e quando penso a un dolore, quando mi capita qualcosa di brutto, se riesco a avere un momento di lucidità ecco in quel momento io mi dico Se ho superato quello supererò anche quest'altro. e poi mi dico anche che niente mi fa paura perché io ho superato quello, tutto il resto è acqua fresca.
nella realtà quando sto male i momenti di lucidità sono pochissimi e io, nel mio annaspare, mi pare che trovo del conforto, io, a starmi addosso, da sola, raggomitolata, mi pare che è l'unica cosa che son capace di fare in quei momenti lì e in quei momenti io non cerco conforto e aiuto dagli altri ma li evito e nella solitudine mi sento che posso essere me stessa e sfogare il mio dolore senza vergognarmi di provarlo.
perché io mi vergogno di stare male e mi vergogno di essere debole e mi vergogno anche di sbagliare e di soffrire e in quei momenti lì, quando soffro raggomitolata attorno a me stessa mi pare che è molto normale che io mi vergogni perché se loro, le persone che mi amano, sapessero come realmente io sono, non mi vorrebbero più bene e anche perché, sotto sotto, quando sto male, io mi sento che me lo merito di stare così perché in effetti non sono poi tutto sto granché.
ora non so perché ho divagato, anzi lo so benissimo perché ho divagato ma non importa, in questo blog ho fatto del divago il mio capolavoro, mi pare. quello che volevo dire che è anche il motivo del titolo che ho messo a questo post che è anche un po' il motivo che mi spinge a metter giù queste righe un po' patetiche, quello che volevo dire è che anche se io tendo a dimenticarlo, le batoste che prendiamo non dimostano chi siamo dimostrano solo che prendiamo delle batoste. non sono loro a identificarci, non sempre almeno, ma sono solo dei momenti, in cui si cade, in cui si è delusi o si delude, in cui si è incompresi o non comprendiamo, insomma non sono questi momenti a dire chi siamo, a dimostrare quanto siamo delle persone da poco. sono momenti che non dovevano capitare ma sono capitati e invece di dimenticare bisognerebbe proprio sforzarsi di ricordare che siamo altro che sappiamo essere meglio di così e più fiduciosi anche se il mondo pare rovinarci addosso e soprattutto dovremmo ricordarci che passano. che anche se sembrano infiniti poi passano. che anche se le cose si sommano e si sommano e non fanno altro che sommarsi, una all'altra in una piramide di sfighe cosmiche poi, casso (!!!), passano.
e forse, se invece di stare rannicchiati attorno a noi stessi riuscissimo a avere quella lucidità per capirlo, forse passerebbero un po' prima.
il mio momento è durato quattro anni ma alla persona a cui voglio tanto bene e che in questo momento sta malissimo, vorrei dire che è tanto meglio di quello che crede di essere.